IMMORTALITÀ

Quanti over65 vorrebbero vivere per sempre diventando highlanders? Sicuramente ci saranno over che non vorrebbero mai essere immortali e over che, invece, vorrebbero essere testimoni della storia anche tra mille anni. D'immortalità si parla da sempre, sia nella scienza che nella fantascienza, il fascino di esseri umani che non muoiono mai non abbandona la fantasia dei mortali, anche se nelle narrazioni fantastiche la vita di un highlander non è mai felice. L’immortalità obbliga a una revisione del concetto di vita e di morte cui siamo abituati. Come il mortale non ha la possibilità di concepire l’eternità, così l’immortale non può richiamare il concetto di nascita e di morte. Non c'è dato sapere quale possa essere la psicologia dell’immortale, si può presumere che le sue paure non siano quelle della morte o della malattia, ma, probabilmente, della solitudine e dell’abbandono. Il suo essere nel mondo sarebbe caratterizzato dalla ricerca del senso di un'esistenza costretta a rigenerare se stessa e dall’attesa di un futuro sempre più passato, che riserva sorprese sempre meno inaspettate.
Il confine della vita ci dà il senso del limite e della misura, ci offre lo stimolo per cercare la qualità invece della quantità, ci consente di percepire che nulla è scontato perché tutto ciò che abbiamo, è frutto di una conquista costante. L’avverbio sempre indica un tempo ingannevole, in quanto l’essere umano è consapevole che nulla è per sempre, cioè eterno, anche se è piacevole usarlo quando entra in gioco il sentimento, come l’amore, che dilata il tempo e lo veste, anche se per un istante, di eternità. A questo punto, immortalità sì, ma dell’amore e nell’amore, unica dimensione che potrebbe sorreggere, per sempre, la vita.
Sira Sebastianelli
psicologa-psicoterapeuta