Giorgio Celli: “Come rami di una grande quercia”

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È stato presentato pochi giorni fa il libro “Come rami di una grande quercia”, la passione per l’ambiente e per la ricerca nella scuola di Giorgio Celli, entomologo e scrittore a cura di Claudio Porrini, Romeo Bellini, Claudio Venturelli e Stefano Maini con la prefazione di Vittorio Emiliani e la presentazione e le interviste di Federico Fazzuoli. Sono racconti di scoperte scientifiche ma anche storie e esperienze di vita del gruppo di ricercatori che hanno lavorato all’Università di Bologna con Giorgio Celli, la grande quercia di cui sono stati i rami che hanno continuato a diffondere i concetti elaborati dal maestro portando avanti una nuova cultura della salvaguardia dell’ambiente. Ecco come Federico Fazzuoli lo presenta. “Celli, uno studioso dell’agricoltura biologica e dell’importanza dell’equilibrio naturale. Un precursore delle tecniche di lotta biologica da applicare in agricoltura per sottrarla al dominio della chimica che negli anni 60, 70 e 80 faceva tabula rasa di ogni forma di vita e rendeva il suolo sterile. il visionario che operava per convincere e coinvolgere le istituzioni a seguirlo su questa nuova strada, inventando e realizzando decine di progetti e firmando accordi su accordi fino al suo capolavoro: la costruzione nel 1983 della Biofabbrica, il Biolab, la fabbrica per produrre insetti utili da contrapporre, una volta immessi in campo o in serra, agli insetti dannosi.

Idea che dopo anni di vita sotto traccia, oggi finalmente comincia a farsi strada seriamente nei programmi europei, nazionali e regionali.”

La domanda fondamentale a cui voleva rispondere Celli era come eliminare nella produzione agricola i prodotti chimici o, almeno, come sostituirli, come difendere le coltivazioni dalla malattie prodotte da funghi, insetti e larve usando insetti antagonisti e allevando insetti predatori che si nutrono degli insetti nocivi. Racconta ancora Federico Fazzuoli: “È sul doppio binario ricerca/applicazione che si sono formati e si sono mossi i suoi allievi nella loro ormai lunga vita professionale. Ho parlato con loro per capire quali di quelle idee e degli insegnamenti derivanti dalle loro ricerche si siano sviluppate, quali concetti si siano consolidati e quali pratiche siano diventate prassi quotidiana.

Quali ostacoli e quali appoggi abbiano incontrato nel corso della loro attività, da quando parlavano da studenti, quasi di nascosto, di queste tesi con Celli nelle stanze dell’università di Bologna, guardati quasi con sospetto e magari con qualche sorrisetto e una scrollatina di spalle dagli altri docenti. E qui comincia la storia del nostro Gruppo Celli.”

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Dal 5 al 30 luglio 2021 il Teatro Brancaccio riapre con la prima edizione del  FUTURO FESTIVAL, Festival internazionale di danza e cultura contemporanea ideato da Alessandro Longobardi e diretto dalla coreografa Alessia Gatta. Il Brancaccio schiude così le sue porte dopo il lungo letargo in cui il Covid-19 ha costretto il mondo dello spettacolo dal vivo. La rassegna è proposta dall’associazione [MATRICE]N, in collaborazione con Viola Produzioni e l’associazione BrancaccioDanza.

FUTURO FESTIVAL accoglie danzatori, coreografi, docenti, studenti, artisti, operatori ed appassionati della danza da tutto il mondo per incontrarsi e potersi ispirare, attraverso lo scambio di idee e di ricerca, trasformando l’Estate Romana in un epicentro per il ballo contemporaneo. Un polo d'attrazione, un’agorà, dove respirare l’arte della danza per dialogare, apprendere e promuovere nuove iniziative. La danza contemporanea, quella urbana, insieme a forme di arte performativa dialogano con il pubblico per dare una fotografia delle nuove tendenze, di giovani danzatori e dei loro coreografi.

Un melting pot di culture, un crocevia di sguardi, un collettore di stili eterogenei. Un luogo di contaminazioni fra diversi linguaggi tra passato e presente con uno sguardo al futuro.

Si intende promuovere l’esperienza culturale sul territorio con l’organizzazione di attività che siano in grado di veicolare l’arte della danza come linguaggio universale, per l’espressione della narrazione mediante il movimento corporeo come liberazione dell’io, come immedesimazione in un viaggio tra le pieghe dell’animo umano che filtra, inevitabilmente in modo soggettivo, gli stati emozionali tradotti in movimento a ritmo di musica. Tutto comunque vissuto come passaggio di energia. Intende inoltre essere motore per l’incontro tra generazioni di giovani danzatori, mondo della produzione e pubblico.

Afferma Alessia Gatta, Direttore Artistico della rassegna: Futuro Festival vuole essere un contenitore di esperienze volte a generare una bellezza capace di vivificare gli spiriti, un dono che l’Arte è capace di regalarci se ci poniamo aperti al sostegno reciproco, lungimiranti e responsabili nei confronti dell’oggi, ma soprattutto del domani. Un festival, come la sua etimologia ci ricorda, che è pensato come una festa, dedicata a chi vive di danza, ma che per natura è inclusiva, con attività collaterali, come mostre, opere partecipate, dibattiti, conferenze, dj set, musica live oltre agli spettacoli, ai workshops e stages per educare le nuove generazioni di danzatori e per sensibilizzare l’intera cittadinanza alla riscoperta della cultura che può senza dubbio condurci al cambiamento verso una rinascita.

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5 maggio 2021, sono passati 200 anni dalla morte di Napoleone Bonaparte. Nato ad Ajaccio nel 1769 in una famiglia della piccola nobiltà corsa si trasferisce in Francia a 9 anni per frequentare la Scuola Militare di Parigi. Diventa tenente a 16 anni e generale a 20, colleziona i successi militari, nel ricordo collettivo è un curioso bulimico. Dopo il colpo di stato del 18 brumario, con cui sale al potere, riorganizza  una Francia destrutturata dalla rivoluzione francese: banca di Francia, scuola, legione d’onore, codice civile. Narcisista, innamorato della propria immagine, mette in scena la propria leggenda. Profondamente marcato dall’immagine materna, Maria Letizia Ramolino, più nota come “Madame Mère”,ha un rapporto complicato con le donne. E’ innamorato follemente di Joséphine de Beauharnais, ma divorzia perché vuole un erede e sposa quindi Maria Luisa d’Austria. Si racconta che pronunciò all’epoca  questa terribile frase: “Sposo un ventre”. Restando in tema Alessandra Necci ha scritto un libro, molto interessante, che approfondisce le relazioni di Napoleone con l’universo femminile, dal titolo “Al cuore dell’Impero. Napoleone e le sue donne fra sentimento e potere”(edizioni Marsilio).

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Una ricetta filippina

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Mia madre era toscana e la mia cucina si è sempre ispirata a quella tradizione. Per quanto riguarda il pollo, una delle carni bianche più consigliate dopo una certa età, l’ho sempre fatto in tegame con olio, aglio, salvia e un po’ peperoncino facendolo rosolare all’inizio  e poi coprendolo con il coperchio fino a cottura completata. Adesso ho imparato una nuova ricetta filippina molto gustosa e piacevole, si chiama Chicken adobe, eccola.

Il pollo si taglia a pezzi di media grandezza che vengono lavati e asciugati. In un tegame mettete abbondante salsa di soya, un po’ di aceto, pepe nero in grani, cinque spicchi d’aglio pressati e aggiungere un po’ d’acqua calda. Cuocervi ilpollo fino ad ebollizione aggiungendo e tre foglie di alloro e, se la trovate in qualche negozio specializzato, la salsa Adobe. Oppure la potete fare voi cercandola su internet. Volendo, si possono aggiungere delle patate tagliate a pezzi grandi.

A questo punto togliere l’aglio pressato e metterlo in una padella dove avrete riscaldato abbondante olio extravergine di oliva e, quando l’aglio scurisce,aggiungere il pollo e cuocerlo fino a quando diventa scuro. Aggiungere sale, pepe, un cucchiaino da te di zucchero di canna e la salsa fatta prima. Cuocere per altri 15 minuti circa. Per decorazione finale i filippini aggiungono piccoli pezzi di spring onion.

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2 Giugno: il discorso del Presidente Mattarella

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Il 2 giugno, come ogni anno, in Italia si festeggia l’anniversario della Repubblica Italiana per ricordare il 2 e il 3 giugno 1946 giorni in cui si tenne il referendum con cui gli italiani furono chiamati a decidere quale forma di stato dare al paese, monarchia o repubblica. Eravamo alla fine della Seconda guerra mondiale ed il fascismo era caduto da qualche anno.

Gli italiani scelsero la repubblica.

In questa occasione, il Capo dello Stato pronuncia uno dei suoi discorsi più importanti. E quello di quest’anno è stato particolarmente significativo per la fiducia che ci ha trasmesso dopo un periodo così difficile, fiducia in una rinascita che ha paragonato a quella che l’Italia ha compiuto dopo la seconda guerra mondiale, uno dei periodi più difficili vissuti dal paese. Ha detto il Presidente Mattarella: “Come lo fu allora, questo è tempo di costruire il futuro.” Tanti i temi affrontati dal Presidente, tra cui l’uguaglianza: “C’è un articolo, in particolare, della nostra Costituzione, quello sull’uguaglianza, che suggerisce una riflessione su quanto sia lungo, faticoso e contrastato il cammino per tradurre nella realtà un diritto pur solennemente sancito.Questo principio, vero pilastro della nostra Carta, ha rappresentato e continua a rappresentare una meta da conquistare. Con difficoltà, talvolta al prezzo di dure battaglie. Per molti aspetti un cammino ancora incompiuto. Penso alle differenze economiche, sociali, fra territori. Penso alla condizione femminile, all’impegno delle donne per una piena, concreta affermazione del diritto all’uguaglianza. Desidero ricordare la figura di una donna, Lina Merlin, pioniera della dignità femminile. Rammento la norma che precludeva alle donne l’accesso a molti importanti uffici pubblici, giudicata illegittima dalla Corte costituzionale nel 1960. Una storia che forse i giovani non conoscono e che oggi non può che sembrar loro inconcepibile. Così come è inconcepibile - non soltanto per i giovani - apprendere che il diritto di votare delle donne, nel 1946, è stato una conquista. Si comprende allora come l’elezione a Presidente della Camera, nel 1979, di un’altra donna della Repubblica, Nilde Iotti, sia stata un passo decisivo nell’affermazione del protagonismo delle donne nella vita delle istituzioni.”

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ROMA, GUIDA INSOLITA PER ESPLORATORI URBANI

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La città si apre a molteplici chiavi di lettura se la si esplora con le proprie gambe o anche con le ruote di una bicicletta: un’apertura verso nuovi scenari anche per gli abitanti di una metropoli sulla quale, a livello di monumenti e opere d’arte, si è già detto tutto, ma che invece consente di andare alla scoperta, da vicinissimo, di percorsi e scenari, tra storia e ambiente, continuando a comunicare le sue bellezze e a stupire con i propri segreti. In questo contesto esce “Roma, Guida insolita per esploratori urbani”, il nuovissimo libro di Carlo Coronati che, dopo la precedente guida “Roma una vera bellezza”, sempre per Edizioni Il Lupo, propone una mappatura di 15 itinerari trekking alla ricerca dell’immersione per incanto, a partire dall’orientamento tracciato dalla bussola del proprio corpo. “Pensavo di aver concluso per sempre la mia ricerca su Roma – afferma l’autore, già massimo esperto delle guide per trekking di montagna sugli Appennini – ma invece ho avuto l’occasione di continuare a sognare ad occhi aperti ed ho ripreso a catturare luoghi sconosciuti, meandri di verde ed angoli di dolcezza, proprio come un bambino che smonta e rimonta il suo giocattolo, la mia città, con ore di cammino, soffermandomi, fotografando, curiosando senza disturbare e interrogando le persone di ogni area urbana, incontrate in quei paraggi per caso o per abitudine quotidiana. Andar per pause e accelerazioni è un po’ il motto della guida per il movimento dolce di “flâneurs” girovaghi che possono riscoprire non solo la Natura che emerge prepotente nella Città ma la sua relazione col territorio urbano, lanciandosi e districandosi in quindici avventure di cammino o pedalata, come se la città fosse un labirinto.” Attraverso una scelta soggettiva e originale, l’autore ci trasporta così dalla periferia al centro storico passando per borghetti e viuzze, dai quartieri della street art ai palazzi del potere, catapultandoci in immense aree verdi, custodi di monumenti di cui conoscevamo a malapena le vicissitudini storiche. Gli itinerari sono quasi tutti in traversata (pochissimi ad anello) e sono legati dalla memoria ma accompagnati dal silenzio.

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