CICALE CICALE CICALE

Se si dovesse scegliere il simbolo più rappresentativo del caldo e dell’afa estiva penso che la cicala ne uscirebbe vincente. Dopo l’ingresso della stagione estiva, all’improvviso nelle ore più calde, il frinire delle cicale rompe il silenzio del giorno. Come non ricordare la favola di La Fontaine che contrapponeva lo stridio estivo delle cicale perditempo senza cibo durante l’inverno, con l’operosità delle formiche infaticabili e previdenti con la dispensa piena?
Nei racconti del mito si narra che il mortale Titone fu reso immortale per amore di Eos, ma non eternamente giovane, così Zeus per non lasciare che si consumasse in una vecchiaia senza fine lo trasformò in cicala, diventando un simbolo di immortalità. Immortalità, quindi, ma anche imprevidenza seconda la favola di La Fontaine, due aspetti che sembrerebbero condannare la cicala a una vita infinita, senza pensare al futuro in un eterno presente.
Il cicaleccio richiama un senso di immobilismo che non consente movimento, che inchioda a soddisfare il bisogno del momento senza un intento progettuale, a differenza dell’infaticabile operosità della formica, che non è nella sua natura rimanere ferma. In realtà sono due facce della stessa medaglia, come la luce e l’ombra, come il bene e il male, come la vita e la morte. Nel corso dell’esistenza l’essere umano ha bisogno e necessità di essere formica per provvedere al proprio sostentamento, ma dovrebbe avere anche l’impegno di fermarsi ogni tanto e godere di quello che ha, per alleviare la fatica, per lenire i dolori e per avviare nuovi pensieri. Forse si dovrebbe riflettere sull’improvvida cicala che con il suo frinire ci suggerisce di fermarsi ogni tanto per guadagnare un po’ di immortalità.
Sira Sebastianelli
psicologa-psicoterapeuta