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Chi non ha un sussulto quando legge o sente il termine “positivo”? Un termine che dovrebbe avere un connotato essenzialmente buono e favorevole, mentre sempre più è associato a uno stato di malattia, perché ne conferma la presenza.
Spesso non ci rendiamo conto di quanto un termine possa essere ambivalente nel suo significato, in relazione all’uso cui è destinato. Il pensiero che il positivo abbia risvolti negativi e il negativo abbia risvolti positivi produce un corto circuito, al punto di dover creare schemi mentali adatti alla classificazione dell’evento. Il positivo in genere si associa al bianco e il negativo al nero, due colori opposti come la luce e il buio. Dove c’è luce non c’è buio e dove c’è buio non c’è luce, ma la luce può produrre le ombre, quelle zone sconosciute alla coscienza dove si annida l’ignoto. È in quella zona d’ombra che si cela il negativo che sconfina nel positivo deprivandolo del suo significato originario. La consapevolezza che la luce produca ombre, offre la possibilità di riflettere su quanto il confine tra il positivo e il negativo sia labile.
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“Che sensazione di leggera….euforia”, sì euforia e non follia, come, invece, recita la canzone di Mogol e Battisti, è quanto si respira oggi nell’aria, trovandosi in zone dove molta gente si affolla per trascorrere i giorni caldi dell’estate, come le spiagge marine o le zone della movida notturna delle città. Da diversi giorni cercavo di cogliere l’essenza significativa di quanto mi è capitato di osservare nei luoghi deputati al tempo libero, percependo una sorta di elevazione del tono della voce o della marcata manifestazione della ricerca di vicinanza tra le persone, compatibile, più o meno, con il rispetto della distanza, fino ad arrivare a trovarla nell’ euforia. L’euforia è un’emozione umana, che accompagna l’ allegria, ma che può sconfinare nell’esuberanza quando si vivono eventi positivi, per sottolineare la necessità di liberarsi dal controllo oppressivo del rispetto della regola e lasciarsi andare a una sorta di ebbrezza catartica. L’euforia può essere anche un sintomo del disturbo dell’umore, ma non è in questo senso che ne vorrei rintracciare un significato psicologico per questo periodo storico.
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Che cosa fa pensare la parola fuoco? Sicuramente, le immagini evocate dal fuoco possono essere tante, da quelle legate a situazioni confortevoli, come, ad esempio, di un camino acceso, a quelle angosciose di qualcosa che brucia, potenziale pericolo per le persone. Ognuno proietta le proprie esperienze e i propri vissuti emotivi, ma il fuoco è, comunque, un elemento intoccabile, che non esiste in natura, ma ne fa parte. Negli ultimi tempi mi è capitato di rileggere un racconto di Dino Buzzati dal titolo “La peste motoria”, che, nonostante sia stato scritto qualche decennio fa, è molto attuale. Il racconto narra di una epidemia che colpisce le automobili e si diffonde se c’è contatto con i tubi di scappamento di altri motori, contagiati dalla peste. I sintomi si manifestano con singhiozzi del carburatore che ne decretano la morte! L’unico modo per arginare il contagio e prevenirlo è quello di portare le automobili in un luogo dove bruciarle. La storia parla anche di altro e soprattutto di sentimenti traditi in tempi in cui ognuno pensa a salvare se stesso, ma singolare è verificare come tutte le epidemie si somiglino, nella realtà e nella metafora. Il fuoco è trasformatore e purificatore, ma anche distruttore implacabile, albergando in sé aspetti opposti che si manifestano in base all’uso che se ne fa.
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La domanda che più di altre è stata posta negli ultimi mesi è stata come fare per vivere e convivere con il Covid19? A questa domanda si sono poi aggiunte altre domande più specifiche che alla base avevano però sempre la necessità di sapere come fare per non contagiarsi o per sapere se si è stati contagiati, come fare per sentirsi al sicuro, come fare per…..? Domanda che ci accompagnerà nel tempo, cercando di mitigarne l’intensità e la dirompenza. Il come fare richiama la ricerca di istruzioni da seguire, di una prassi certa e sicura cui adeguarsi, rivelando i dubbi che accompagnano da mesi l’umanità. Umanità che si tiene a distanza da altre umanità per garantirsi l’unico fare protettivo adottabile anti-contagio, insieme alla mascherina! Di qualunque argomento si desideri parlare nei prossimi mesi non si potrà non chiedersi come fare per viaggiare, per esempio, per andare a trovare amici e conoscenti mantenendo le distanze, per vivere il tempo libero, per continuare le attività quotidiane.
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Dall’essere o non essere di Shakespeare “Il ‘dubbio amletico’ è diventato l’emblema, il simbolo e la manifestazione archetipica, dell’uomo in bilico tra la consapevolezza della realtà e la rinuncia a essa.” (Carotenuto,A., L’Ombra del Dubbio, Tascabili Bompiani, Milano 2005, pag.6). In questo periodo storico sembra essere tornato alla ribalta ancora di più il dubbio, che avvolge, con un velo impenetrabile, l’esistenza dell’umanità, che ogni giorno cerca di cogliere qualche indizio per scegliere la strada da percorrere. Il dubbio invade anche quelle scelte quotidiane che sembravano scontate, ma che improvvisamente non lo sono più, come per esempio decidere se andare o non andare al cinema, al ristorante, in vacanza, in ferie e così per qualunque altra decisione. Ogni scelta è fonte di ripensamenti, di ruminazioni mentali, di valutazione di pro e di contro fino ad arrivare alla sensazione di essere spossati e sfiniti senza aver deciso nulla! Tant’è che si lascia decidere al caso, rimanendo immobili e passivi.
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Il primo atto compiuto dai neonati è il pianto che apre i polmoni e li predispone al respiro per tutta la vita. Il respiro, un movimento costante lento e profondo, di apertura e di chiusura, di inspirazione e di espirazione, di tensione e di rilassamento. In questo periodo si è parlato molto di respiro, sia per i sintomi respiratori provocati dal Covid19, sia per i dispositivi di sicurezza, come le mascherine, da usare per protezione, che possono indurre un senso di soffocamento e sia perché le immagini che hanno fatto il giro del mondo, attraverso i media, documentavano la morte per asfissia di un essere umano, mentre era soffocato dalla spietatezza dell’ arroganza, lasciando il mondo in apnea! Pneuma dei greci o Spiritus dei latini sono il soffio, il respiro, il vento, di derivazione indoeuropea con la stessa radice plu (galleggiare), da cui proviene anche quella di pleymon, i polmoni, perché in passato s'ipotizzava che i polmoni galleggiassero all’interno del torace, forse per spiegare il movimento, chissà! Però, quante volte usiamo l’espressione “galleggiare nell’aria” utilizzando una metafora acquatica, osservando il fluttuare delle foglie spinte dal vento.